VEGLIA PASQUALE
La Liturgia della Veglia pasquale, ricca e suggestiva nei suoi riti, è la più adatta ed espressiva a farci rivivere con intensa e profonda commozione l’evento straordinario che celebriamo questa notte. Il canto solenne dell’annuncio pasquale o “Preconio”, che è un inno riconoscente di lode innalzato a Dio dalla Chiesa per il dono incomparabile della risurrezione del Figlio suo e nostro Salvatore, descrive questa notte di veglia come una “notte veramente gloriosa!”, una “notte più chiara del giorno”, in cui Gesù “ha vinto le tenebre del peccato”, ha spezzato “i vincoli della morte”, ha ricongiunto “la terra al cielo e l’uomo al suo creatore” . Non vi è, infatti, notte più santa, più radiosa e più splendente di questa, perché è irradiata dai fulgori della potenza di Cristo risorto!
La Veglia pasquale è la più importante delle veglie, proprio perché celebra l’avvenimento più rilevante del cristianesimo: la risurrezione di Gesù. Ha inizio con la Liturgia della luce. La fiamma del cero pasquale che brilla nell’oscurità della notte è simbolo di Gesù che con la luce della sua risurrezione vince le tenebre del peccato e della morte. Alla Liturgia della luce, segue la Liturgia della Parola: le numerose letture narrano le meraviglie compiute da Dio, dalla creazione del mondo fino al momento culminante dell’annuncio della risurrezione di Gesù. E’ questo il punto centrale, il punto di arrivo non solo della Veglia pasquale e del cammino quaresimale, ma di tutta la storia dell’uomo, del disegno stesso che Dio ha tracciato per ricondurre l’umanità, dopo secoli di attesa, a una nuova e sublime rigenerazione.
Il punto culminante della Veglia è l’annuncio della risurrezione di Cristo proclamato dal Vangelo di questa notte. Il brano di san Luca racconta che in quel mattino della prima Pasqua cristiana, alcune donne camminano in fretta verso il luogo dove si era consumata la più grande tragedia dell’umanità, per rendere un ultimo omaggio di amore e di gratitudine al Corpo di Gesù, che giaceva nel sepolcro. Giunte alla tomba, “trovarono la pietra rotolata via dal sepolcro” (Lc 24 2). Entrano ma non trovano il Corpo del Signore. Paura e sgomento le pervadono. Ma d’improvviso, una luce rischiara l’oscurità del sepolcro e i loro occhi sono abbagliati dallo splendore di due angeli in vesti sfolgoranti che dicono loro: “Perché cercate tra i morti colui che è vivo? Non è qui, è risuscitato” (Lc 24 5-6). Alle donne è dato il consolante e gioioso privilegio di essere le prime a ricevere l’annuncio della risurrezione e anche l’incarico del primo annuncio agli apostoli. Le donne del racconto sono le prime nella fede, perché sono le prime nell’amore.
“Non è qui, è risuscitato!”. Queste semplici parole contengono l’annuncio dell’evento più straordinario della nostra storia. Nei giorni seguenti alla Pasqua, Gesù apparirà ancora molte volte ai discepoli per dar loro la prova inconfutabile che della sua risurrezione. Questa esperienza personale dei discepoli con il Risorto costituisce la base fondamentale della loro fede e della nostra. Il miracolo della risurrezione, unico nella storia, è infatti la prova più certa della divinità di Gesù, è la garanzia più grande che noi cristiani siamo nella verità e dimostra che Cristo è il Re vittorioso che ha distrutto per sempre il peccato, la morte e il regno di satana. Questo è il motivo della nostra grande gioia, come lo fu per gli Apostoli, nel celebrare la Pasqua del Signore.
Il significato della Pasqua ci viene oggi ricordato dal testo della lettera ai Romani che abbiamo ascoltato. Scrive san Paolo: “Per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti (…), così anche possiamo camminare in una vita nuova” (Rm 6,4). Il Battesimo ci fa rivivere il mistero della morte e della risurrezione di Gesù. Cancella i peccati e ci trasforma in nuove creature, ossia in figli di Dio. Non basta però aver ricevuto questo grande dono, bisogna viverlo continuamente! Come Gesù è morto una volta per sempre e ora non muore più, ma vive da risorto, così il cristiano, una volta morto al peccato, dovrebbe vivere sempre la vita nuova della grazia divina, senza cadere mai più nel peccato che è un ritorno alla morte, alla schiavitù, al vecchio uomo. A questo ci esorta anche Padre Pio da Pietrelcina quando afferma che “siccome Gesù Cristo è risorto immortale alla vita di gloria, così dobbiamo noi pure risorgere immortali alla vita di grazia, con fermo proposito di non voler mai più, per l’avvenire, soggiacere alla morte spirituale dell’anima” (Epistolario IV, p. 1120). Accogliamo l’invito del nostro Santo, con l’augurio che la Pasqua porti anche in noi un cambiamento di vita, duraturo e radicale e una rottura definitiva col peccato.