SESTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
La Liturgia di questa domenica è un messaggio di speranza, soprattutto per coloro che sono tribolati e afflitti dai mali di questa vita terrena. L’uomo è in continua e instancabile ricerca della felicità, diverse però sono le strade su cui s’incammina per raggiungerla. Molti pensano di trovarla in una dimensione puramente umana. Ritengono felice chi ha salute, giovinezza, bellezza, successo, soprattutto chi è ricco e chi non ha problemi materiali. Ma in che cosa essa veramente consiste? Qual è la strada per raggiungerla? La Sacra Scrittura dà una risposta chiara a questi interrogativi: Dio solo è la sorgente della vera felicità, e l’uomo, creato a sua immagine, può raggiungerla nella misura in cui si avvicina e si disseta a questa fonte d’acqua viva.
Nella prima lettura di questa domenica, il profeta Geremia, con precise e significative parole, c’indica chi è l’uomo veramente felice: “Benedetto l’uomo che confida nel Signore e il Signore è sua fiducia” (Ger 17,7). Egli ritiene “beato” chi mette la sua speranza e la sua fiducia in Dio. Solo in Lui, infatti, l’uomo può trovare il rifugio, la forza, la felicità e l’appagamento di ogni altro bene. Chi, invece, ponendo la sua fiducia in se stesso o nei beni illusori di questo mondo si allontana dal Signore, è degno di maledizione, perché è come un albero nella steppa che, lontano dalla sorgente d’acqua, è destinato a seccare e morire.
Gesù, nel Vangelo della Messa, ribaltando radicalmente i criteri con cui l’uomo valuta le realtà che lo circondano, propone l’itinerario delle “Beatitudini” come la strada migliore per raggiungere la vera felicità. Gesù dichiara “beati” tutti quelli che il mondo considera infelici: i poveri, gli umili, quelli che soffrono insulti, umiliazioni, persecuzioni. E, al contrario, proclama sventurati, i ricchi, i sazi, quelli che si godono la vita nel lusso e nei piaceri della carne e del mondo: “Beati voi poveri, (…). Beati voi che ora avete fame, (…). Beati voi che ora piangete (…). Beati voi quando gli uomini vi odieranno (…) e vi insulteranno” (Lc 6,20-23). Quali divini e profondi insegnamenti ci vengono da questa stupenda pagina del Vangelo, e quale consolante visione del mondo essa ci offre!
E’ chiaro che non sono la povertà, il dolore, le persecuzioni in quanto tali che rendono l’uomo “beato”, né essi danno diritto al regno di Dio, ma è l’accettazione gioiosa di queste privazioni, fatta per amore di Gesù. Ecco la strada nuova proposta dalle “Beatitudini”. Le sofferenze e la povertà, quindi, non sono un male assoluto in se stessi, come le considera la nostra società, ma, anzi, possono rendere un gran bene all’anima se, per amore del nostro Salvatore, vengono accettate e offerte con gioia al Signore. Al contrario, le ricchezze e i beni transitori di questo mondo possono diventare un pericolo, se prendono il posto di Dio nel nostro cuore.
Agli uomini del nostro tempo che volentieri sacrificano agli idoli del denaro e della carne ogni altro valore, il cammino delle “Beatitudini” appare come un ideale inutile, utopistico e irraggiungibile. Gesù, invece, lo propone come programma di vita a ogni cristiano che voglia essere suo discepolo. E’ la via da seguire per realizzare la nostra vocazione alla santità ed entrare a far parte del suo Regno. Il cammino delle “Beatitudini” esige dal cristiano una lotta costante contro la legge della carne e della natura che spinge l’uomo all’odio, alla vendetta, alla ribellione, alla violenza, alla disonestà. La forza per vivere secondo lo spirito delle “Beatitudini”, il cristiano la trova nel fulgido esempio del Maestro divino il quale, per amore nostro e del Padre Celeste, volle essere povero, perseguitato e “obbediente fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).
La perfezione raggiunta da una schiera senza numero di cristiani di tutti i tempi, di ogni età e condizione sociale, è la dimostrazione più pratica ed evidente della validità del cammino delle “Beatitudini”. Fra questo numero di eletti, brilla in modo tutto particolare Padre Pio da Pietrelcina. La sua straordinaria santità è frutto senza dubbio di questo cammino che egli ha vissuto in piena conformità alla vita di Gesù e imitandone i suoi mirabili esempi. Ciò che egli ha vissuto, lo ha anche insegnato in tutti modi alle anime da lui dirette, perché anch’essi potessero trovare, attraverso lo stesso sentiero segnato dall’esempio di Gesù, la via della salvezza e della santità. Così scrive ad alcune figlie spirituali: “Allontaniamoci, dunque, passo passo dalle affezioni terrene, ed aspiriamo alla felicità, che ci è stata preparata” (Epistolario III, p. 536-7). Accogliamo l’invito del nostro Santo e incamminiamoci ogni giorno sui passi di Gesù per essere proclamati da Lui “beati” e far parte della schiera senza numero dei poveri e degli umili che ora godono nel Regno di Dio.