QUINTA  DOMENICA  DEL  TEMPO  ORDINARIO

 

Oggi le letture della Messa propongono tre chiamate di Dio che, anche se diverse nel modo e nei tempi, esprimono un identico concetto di vocazione: Dio che si rivela, che chiama  al suo servizio e affida una missione particolare. Tutte e tre le vocazioni mettono in risalto anzitutto la sovrana libertà e gratuità di Dio nella scelta degli eletti; inoltre, una profonda umiltà, da parte dei chiamati, nel riconoscere la propria indegnità di fronte al dono sublime della vocazione, e, infine, una grande fiducia in Dio nel portare a termine la loro missione. In queste nostre riflessioni, esamineremo la chiamata di san Pietro che racchiude in se le caratteristiche di ogni vocazione. E’ il Vangelo della Messa che ce ne parla.

Gesù è presso il lago di Genesaret dove è radunata una grande folla per ascoltare la sua parola. Per sfuggire alla ressa della gente, Gesù decide di salire su una barca. Delle due che vede ormeggiate, sceglie “la barca, che era di Simone” (Lc 5,3). Colpisce profondamente la decisione di Gesù di salire sulla barca di Simon Pietro per parlare alla folla. E’ un gesto molto significativo. La barca è simbolo della Chiesa. Gesù sale su questa barca affidata alla guida di Pietro e oggi al suo successore, il Papa. Nonostante i pericoli e le tempeste, la barca della Chiesa, dove c’è Gesù, non affonderà mai. Solo sulla barca di Pietro c’è  Gesù; solo su di essa si è sicuri di non fare naufragio.

            Dopo aver predicato, Gesù congeda la folla e poi ordina a Pietro di prendere il largo e di calare le reti. Il comando di Gesù è sconcertante. Per esperienza Pietro sa che di giorno non è il tempo adatto per la pesca, e per di più la pesca della notte precedente era stata infruttuosa. “Maestro, - fa notare l’apostolo al Signore - abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”  (ivi, 5). Tuttavia Pietro, mettendo da parte la sua esperienza di pescatore e tutti i ragionamenti umani che considerano inutile l’impresa, obbedisce al comando del Signore esclamando: “sulla tua parola getterò le reti” (ivi). La fede dell’apostolo è davvero straordinaria! Egli si fida unicamente della forza della parola di Gesù; e sulla parola di Gesù che getta le reti e si compie il grande miracolo della pesca traboccante di pesci. Dice il Vangelo: “presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano” (ivi, 6). Fiducia in Dio, obbedienza di fede e umiltà: ecco i presupposti per accogliere e vivere la chiamata di Dio! Dinanzi al fatto strepitoso, Pietro resta sbalordito. Riconoscendo l’onnipotenza divina di Gesù e la propria indegnità, si getta ai piedi del Maestro e gli dice: “Signore, allontanati da  me che sono un uomo peccatore” (ivi, 8). Su queste solide basi di umiltà e di fede, Gesù può chiamare Pietro definitivamente alla sua sequela e affidargli la grande missione di apostolo: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (ivi, 10).

            Il miracolo della pesca racchiude un insegnamento profondo: non siamo noi a convertire gli uomini con le nostre iniziative, ma è Dio con la sua grazia. Solo quando si riconosce la propria  indegnità e si confida nel Signore, utilizzando al tempo stesso tutti i mezzi umani possibili, si è efficaci e fruttuosi nell’apostolato. I cristiani, in quanto battezzati, sono chiamati da Dio a essere apostoli e strumenti suoi in un mondo che sembra fuggire da Lui. Oggi viviamo in tempi molto difficili. Ci rendiamo conto di essere di fronte a difficoltà umanamente insuperabili. Non servirebbero a nulla lo sforzo e i mezzi umani, se non contassimo sul Signore. Anche la più valida delle nostre azioni rimarrebbe infruttuosa senza l’umiltà, la fiducia in Dio e l’obbedienza alla sua volontà.

            Aiutare le anime a salvarsi e a santificarsi è stata la missione principale di Padre Pio a cui ha dedicato tutta la sua vita. Egli ha adempiuto con ogni sollecitudine il delicato compito di formare le anime e spingerle sempre più in alto, utilizzando tempo e preghiera, lacrime e sangue. In questa difficile opera mai si fidava delle sue capacità umane, ma sempre confidava in Dio che lo aveva scelto come suo strumento eletto e collaboratore. “Credo che Gesù – scrive il Santo a una figlia spirituale - voglia consolarti per mezzo del mio povero scritto; non perché io possa avere la potenza di consolare un’anima, … ma solo perché il sapientissimo Dio vuole servirsi talvolta di qualche mezzo naturale e anche sproporzionato per confortare i suoi eletti” (Epistolario III, p. 720). Chiediamo al Santo del Gargano di far crescere in noi quello zelo ardente per le anime che divorava il suo cuore, perché diventiamo, come lui, strumenti di conversione per tante anime lontane da Dio.

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