QUARTA  DOMENICA  DI  QUARESIMA

 

            “Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2Cor 5,20). Questo è l’invito che la Chiesa rivolge oggi a tutti noi. Il periodo forte della Quaresima che stiamo vivendo è il momento favorevole per impegnarci a trovare la via del ritorno a Dio, dopo l’amara esperienza dei nostri peccati. Spinti da un profondo e sincero pentimento, incamminiamoci sulla strada di una vera conversione che ci porterà a sperimentare la gioia del perdono di Dio e della sua misericordia. La Liturgia oggi è ricca di spunti di riflessione, soprattutto il Vangelo, che presenta una tra le più belle parabole raccontate da Gesù. E’ su questa che concentreremo la nostra attenzione.

            Narra la parabola che un uomo aveva due figli. Il più giovane, un giorno, chiede al padre la sua parte di patrimonio, poi lascia la casa paterna e va in un paese lontano dove “sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto” (Lc 15,13). Nel figlio ribelle che perde nei vizi il denaro e la libertà, è racchiusa la storia di ognuno di noi, la nostra amara esperienza di volerci allontanare da Dio, di calpestare i suoi Comandamenti e di vivere secondo le nostre voglie.  Il peccato, dunque, è un abuso della libertà che Dio ci dona; per questo porta nell’uomo disordine, squilibrio, rovina, e lo rende schiavo delle sue passioni.

            Grande era l’orrore che Padre Pio aveva del peccato. Il solo pensiero di un’offesa fatta a Dio gli straziava l’anima. Quante volte nelle confessioni diceva: “spezza le catene del peccato; deciditi a spezzarle!”. Spesso troviamo nei suoi scritti affermazioni in cui attesta di essere disposto a morire, a subire ogni martirio, pur di non commettere un solo peccato, anche veniale. Così scrive al suo Direttore spirituale: “Mi sento morire in ogni istante: mi pare di vacillare in ogni momento, eppure subirei infinite volte la morte, innanzi di offendere il Signore ad occhi aperti” (Epistolario I, p. 817). Quale grande lezione per noi, abituati come siamo a commettere ogni genere di peccati, senza avvertirne il più piccolo rimorso!

La parabola del Vangelo continua dicendo che il giovane dissoluto, guardando allo stato miserevole in cui era caduto, rientrò in se stesso e decise di ritornare alla casa paterna. Giunto dal padre, gli disse: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio” (Lc 15,21). Il pentimento sincero dei peccati costituisce un momento fondamentale del cammino verso la conversione e la riconciliazione con Dio. L’anima che, esaminandosi, vede tutta la gravità e la bruttezza dei suoi peccati e si pente, fa il primo importante passo di ritorno verso Dio. Ma è necessario che il pentimento sia sincero; ciò significa che deve portare al disgusto dei peccati commessi e a un grande amore verso Gesù. Difatti, solo una vita ardente di amore può liberarci dalle terribili attrattive delle passioni e permetterci di attuare i propositi di vita nuova.

            Un altro punto interessante della parabola è l’ammirevole condotta del padre: appena vide da lontano il figlio, “commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò” (ivi, 20). Nella figura commovente del padre che accoglie con gioia il ritorno del figlio, scorgiamo quella del Padre Celeste. Colpisce profondamente la sua condotta dinanzi al peccatore che si pente: non gli rimprovera nulla, non gli chiede le ragioni del ritorno, non lo castiga, bensì lo abbraccia, lo riveste, lo riconosce di nuovo come figlio e ordina di far festa, “perché (…) era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (ivi, 24). Questo tratto della parabola figura tra le pagine più belle della Sacra Scrittura, perchè rivela il mistero dell’amore divino nel suo aspetto più profondo: Dio che si abbassa a cercare l’uomo in qualsiasi abisso di miseria è caduto, e che trova tutta la gioia nel perdonarlo, nel salvarlo, nel riamarlo più intensamente.

            L’ultimo punto della parabola da considerare è l’atteggiamento del figlio maggiore. Anche se fedele al padre ed esemplare nella condotta, tuttavia, al ritorno del fratello si dimostra indignato: non lo accetta, non gradisce la festa, non sopporta la gioia del padre. Nella condotta del fratello maggiore vediamo anzitutto Israele. Gli scribi e i farisei non sopportano che Gesù faccia festa con i pubblicani quando si convertono, che perdoni e ami i peccatori. Si sentono degradati: pensavano che la casa del Padre fosse solo per loro. Oggi sono in tanti i cristiani ad assomigliare al figlio maggiore della parabola: persone che si ritengono “giuste” e inappuntabili davanti al Signore, ma incapaci, nel loro egoismo, di comprendere, di perdonare, di amare gli altri nelle loro miserie e debolezze. Anch’essi sono lontani da Dio. Anch’essi perciò hanno bisogno di perdono. Qualunque fosse la categoria di peccatori a cui apparteniamo, imponiamoci di realizzare in questa Quaresima un cammino di conversione, per celebrare la Pasqua riconciliati con Dio.

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