TERZA  DOMENICA  DI  PASQUA

 

La seconda lettura di questa domenica ci offre un quadro stupendo del mistero della Risurrezione nella grandiosa visione del Cristo Risorto descrittaci dall’apostolo Giovanni: prostrati in adorazione davanti all’“Agnello che fu immolato”, un numero sterminato di esseri viventi intona un inno perenne di lode, a cui si uniscono schiere innumerevoli di Angeli e il coro festoso di “tutte le creature del cielo e della terra, sotto terra e nel mare” (Ap 5,13). I frutti della Risurrezione di Gesù hanno travalicato i confini della terra, coinvolgendo il cosmo intero; per cui è tutta la creazione che proclama il dominio e la regalità eterna del Risorto, degno di ricevere: “onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli” (ivi).

Alla grande Liturgia della Chiesa trionfante fa eco quella della Chiesa peregrinante sulla terra, di cui ci parla il Vangelo di oggi, nella singolare esperienza fatta da alcuni apostoli con il Cristo Risorto, apparso loro sulle rive del mare di Tiberiade. Dopo la morte di Gesù, Pietro e gli altri apostoli erano tornati al loro lavoro abituale; la loro avventura con il Maestro di Nazaret sembrava terminata; e una notte, usciti a pescare, tornarono stanchi e avviliti,  perché  - nota il Vangelo - “non presero nulla” (Gv 21,3). Sono parole che devono farci riflettere. Nel cammino  verso la santità, non mancano le notti difficili della prova, in cui Gesù sembra scomparso dall’orizzonte della vita. Molti cristiani cedono alla tentazione di abbandonare la fede, riducendo la loro vita a un inutile affannarsi per le cose di questo mondo. Ricordiamoci: senza Gesù non realizziamo nulla. E’ indispensabile, perciò, tenere sempre il pensiero rivolto a Lui, anche se non lo vediamo, soprattutto nei momenti difficili. Se rimaniamo fedeli al Signore, quando meno ce lo aspettiamo, Egli si farà sentire. Gesù, difatti, apparve agli Apostoli proprio dopo che essi avevano  trascorso la notte in vana fatica. E quando, sulla parola del Maestro, come già nell’altra pesca miracolosa, gli Apostoli gettarono la rete “dalla parte destra della barca” (Gv 21,6), “non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci” (ivi).    

Dopo questa prova di fedeltà e di obbedienza, Gesù, che con tenerezza unica aveva già preparato per i suoi il fuoco acceso, il pane e un pò di pesce, li invitò: “Venite a mangiare” (ivi, 12), anzi è Lui stesso che si avvicinò agli Apostoli, “prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce” (ivi, 15). In questo gesto, gli Apostoli  riconobbero la presenza del loro Maestro risorto. E in questo gesto, Gesù rivela che il suo modo di continuare a mostrarsi presente nella Chiesa e nel mondo è attraverso il grande mistero dell’Eucaristia,  segno del suo darsi e del suo farsi riconoscere. Quale gioia ineffabile invade il nostro cuore al pensiero che, quando celebriamo l’Eucaristia, riviviamo l’esperienza degli Apostoli; Gesù si fa presente in mezzo a noi sotto i segni sacramentali del pane e del vino, per essere cibo e sostegno nel nostro cammino verso la Patria celeste.

Nella seconda parte del Vangelo, san Giovanni riporta il dialogo commovente tra Pietro e  Gesù che lo esamina sull’amore, prima di eleggerlo suo Vicario in terra. Per tre volte lo interroga: “Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?” (ivi, 15). L’apostolo comprende che il Signore vuole fargli riparare la sua triplice negazione, e confidando non più sulla sua presunzione, ma nel Maestro, umilmente risponde: “Signore, tu sai tutto; tu sai che io ti amo” (ivi, 17). Su questa base di umiltà e di abbandono, Pietro viene costituito Capo della Chiesa. Da quel giorno, Egli non si scandalizzerà più della croce. Davanti al sinedrio proclamerà, a nome dei suoi compagni, la morte e la risurrezione di Gesù senza paura, anzi contento di essere oltraggiato per amore di Gesù (cf At 5,41). Un giorno poi si lascerà incatenare e darà la vita per il suo Maestro. Sarà la prova definitiva della sua sincerità di amore per Gesù e della sua fedeltà alla missione ricevuta.

E’ questa la testimonianza di fedeltà che il Signore si attende da ogni cristiano e di cui il mondo oggi ha bisogno. Non lasciamoci intimidire dalle difficoltà, né dalle nostre infermità e debolezze. Il Signore Risorto sarà la nostra forza. Stupisce profondamente l’eccezionale testimonianza che Padre Pio ha dato al mondo, soprattutto con la vita e i segni di Cristo crocifisso impressi nel suo corpo. Ha testimoniato ciò che ha vissuto profondamente sino alla fine: l’amore a Gesù, crocifisso e risorto per noi. “Sento vivissimo il desiderio – scrive il Santo -(…) di trascorrere tutti gli istanti della vita nell’amare il Signore; vorrei tenermi stretto stretto a lui per una delle sue mani e percorrere con gioia quella via dolorosa, nella quale mi ha posto” (Epistolario I, p. 872-3). Diamo prova della sincerità del nostro amore al Signore, facendo nostro il desiderio del Serafino del Gargano, e seguendo con gioia il nostro Salvatore per la strada del suo amore.

 Back

 

Home