XIV DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO - Anno C
Il tema centrale della Liturgia di questa domenica riguarda l’annuncio del Regno di Dio. Dalle letture bibliche emergono le esigenze fondamentali che devono caratterizzare l’annuncio e le qualità del discepolo di Cristo nel compimento della sua missione. Oggi la Chiesa ci invita a meditare sul grave dovere che tutti abbiamo di diffondere il Vangelo. Ogni cristiano, in quanto battezzato, è un missionario al servizio del Vangelo. Tutti, quindi, siamo chiamati dal Maestro e siamo da Lui inviati ad annunziare il Regno di Dio.
La pagina odierna del Vangelo presenta Gesù nel momento solenne di scegliere i settantadue discepoli e di mandarli ad annunciare il lieto messaggio atteso da secoli: “è vicino a voi il regno di Dio” (Lc 10,9). Prima di inviarli, Gesù spiega loro come devono realizzare questa missione: “Andate, ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi; non portate borsa, né bisaccia, né sandali” (Lc 10,4). Si tratta, quindi, di una missione difficile, all’insegna della mitezza, della povertà e di una grande confidenza non nei mezzi umani ma nell’aiuto di Dio. Poi Gesù raccomanda loro: “non salutate nessuno lungo la strada” (ivi). La missione è urgente e richiede una dedizione completa di tempo e di energie. L’annuncio del Regno deve avere un valore prioritario nella vita del discepolo.
Il Regno di Dio era molto atteso già nell’Antico Testamento; era il Regno che il Messia doveva stabilire. Nel testo della prima lettura, il profeta Isaia lo preannuncia e invita Israele a rallegrarsi perché Dio, quando verrà il Regno, libererà il suo popolo dalla schiavitù, e come una madre tenerissima consolerà i suoi figli, portando loro gioia e prosperità: “Ecco io farò scorrere verso di essa, come un fiume, la prosperità, come un torrente in piena la ricchezza dei popoli” (Is 66 12). La profezia di Isaia la vediamo pienamente realizzata in ciò che san Paolo afferma nella seconda lettura odierna: “quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo” (Gal 6,14). E’ con il mistero della sua morte in croce che Gesù ha liberato gli uomini dalla terribile schiavitù del peccato e ha instaurato il Regno di Dio nel cuore di ogni uomo, giudeo o pagano che sia.
Il mistero della croce di Cristo non è solo il nostro vanto, ma è anche il grande, lieto annuncio da diffondere in tutto il mondo. Tutti i cristiani devono sentirsi impegnati in questa missione. Ma dove svolgerla concretamente? Senza necessità di andare in terre lontane, c’è un campo di missione molto vicino a noi, quello del nostro stesso ambiente, tra i familiari, i vicini, i colleghi di lavoro. E in che modo dobbiamo evangelizzare? Oggi, più che predicare, è necessario testimoniare Gesù e i valori del Vangelo con la santità della vita, ossia con l’osservanza fedele dei comandamenti, con la pratica costante delle virtù cristiane, soprattutto della carità, della pazienza, dell’umiltà. Questa testimonianza può colpire più di ogni altra il mondo incredulo del nostro tempo.
Padre Pio da Pietrelcina, da autentico francescano, era affascinato dall’ideale missionario. Fin da ragazzo desiderò ardentemente di partire per terre lontane a predicare il Vangelo. A un confratello confidò di aver pregato, pianto e supplicato a lungo i Superiori per esservi inviato. Ma la Volontà di Dio non lo permise. In un brano della lettera indirizzata a un Vescovo missionario in India e qui riportato, il Santo ci rivela in che modo farà il missionario: “Quanto bramerei e quanto sarei contento se potessi trovarmi anch’io costì per apprestare la mia povera opera per l’incremento della fede. Ma questa fortuna non è serbata a me (…). La mia missione la eserciterò coll’umile, fervente ed assidua preghiera” (Epistolario IV, p. 42-43). In realtà Padre Pio, pur rimanendo per oltre cinquant’anni a San Giovanni Rotondo, svolse un fecondissimo apostolato, a livello mondiale. Egli fu un vero e perfetto missionario, utilizzando un modo ancora più efficace di testimoniare Gesù: attraverso una vita di intensa preghiera e di continua immolazione di sé.
Un’ultima riflessione dal Vangelo. Il quadro immenso del mondo avvolto dalle fitte tenebre dell’errore e del peccato che Gesù ha davanti a sé, muove il suo Cuore divino ad esclamare: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe” (Lc 10,2). L’accorato appello del Salvatore a pregare per i pastori del gregge è reso oggi più urgente per l’impressionante diminuzione delle vocazioni sacerdotali. Credo che tutti dobbiamo ritenerci responsabili di questo grave problema: le famiglie, le comunità parrocchiali, i seminari, e i sacerdoti stessi. Accogliamo, dunque, l’invito di Gesù e preghiamo la Regina degli apostoli perché ci ottenga dal Padre il dono inestimabile di numerosi e santi sacerdoti.