XVII  DOMENICA  DEL  TEMPO  ORDINARIO - Anno C

 Le letture proposte dalla Liturgia di questa domenica insegnano al cristiano quali sono le componenti essenziali della preghiera perché riesca gradita al Signore; e, allo stesso tempo, mettono in evidenza la paternità di Dio che, nell’esercizio della sua misericordia senza limiti, si mostra attento alle necessità dell’uomo, sempre pronto ad accogliere la sua preghiera. Esaminiamoci, dunque, e rinnoviamo il nostro modo di pregare, secondo il grande insegnamento che oggi ci offre la Parola di Dio.

La prima lettura descrive il commovente dialogo di Abramo con il Signore. Questi aveva decretato la distruzione di Sodoma e Gomorra, ma Abramo lo supplica ardentemente di risparmiare dalla rovina le due depravate città, nel nome di pochi giusti. Nell’episodio colpisce profondamente la paterna misericordia di Dio che accondiscende benevolmente alle insistenti proposte di Abramo, mentre questi, nella sua grande confidenza nel Signore, osa chiedere la grazia, presentando un numero sempre più ridotto di giusti, da cinquanta a dieci. Questa pagina della Genesi ci insegna l’importante ruolo salvifico dei “giusti” nella storia della salvezza: la loro potente preghiera di intercessione va oltre i limiti dei problemi personali, per toccare quelli universali della salvezza del mondo.

Nella seconda lettura, san Paolo presenta Gesù come il “giusto” che da solo basterà a salvare dalla rovina del peccato non due città o un solo popolo, bensì l’umanità intera. Difatti, per i meriti delle sue sofferenze e della sua morte, il Padre celeste perdonerà tutti i nostri peccati, “annullando – come scrive l’Apostolo - il documento scritto del nostro debito (…), inchiodandolo alla croce” (Col 2,14). Gesù è la manifestazione più grande della misericordia di Dio verso l’uomo. Tuttavia neppure la morte del Salvatore è sufficiente a salvare l’uomo individualmente se questi non collabora all’azione di Dio. Uno dei mezzi più efficaci per l’eterna salvezza è la preghiera.

La pagina del Vangelo ci presenta il Maestro di Nazaret che, sollecitato dalla domanda di uno dei suoi discepoli: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1), ci offre, con esempi concreti, un prezioso ammaestramento riguardo al modo di pregare. Gesù, attingendo al segreto della sua esperienza, insegna loro la sublime preghiera del “Padre nostro”, divenuta poi la preghiera ufficiale della Chiesa. Con questa preghiera, Egli ci spiega anzitutto che il vero volto di Dio è quello di un Padre che ci ama infinitamente, e al quale, perciò, possiamo rivolgerci con confidenza di figli; ci insegna, inoltre, che ogni preghiera deve partire dal riconoscimento della lode, della gloria e della bontà di Dio, perchè questa è la preghiera più bella e la più gradita al Signore, ed è quella che gli Angeli e le anime beate in Paradiso innalzano incessantemente alla Santa Trinità; ci indica ancora che il cristiano deve ardentemente desiderare e pregare per il Regno di Dio, ossia perché Dio sia conosciuto e amato da tutti i popoli della terra. Dopo la preghiera di lode a Dio e quella per la venuta del suo Regno, possiamo, infine, presentare al Signore le nostre esigenze personali: il pane quotidiano, il perdono dei peccati, la vittoria sulle tentazioni e la liberazione dal male.

Nella seconda parte del Vangelo, il Maestro divino afferma che per essere esauditi bisogna pregare sempre, pregare con perseveranza, con insistenza e fiducia incondizionata: “chi chiede ottiene, chi cerca trova, e a chi bussa sarà aperto” (ivi, 11). La preghiera dell’uomo che di notte va ad importunare l’amico viene esaudita, perché è fatta con insistenza e fiducia. A maggior ragione, se ci rivolgeremo a Dio con cuore umile e pieno di filiale confidenza, saremo sempre esauditi. Dio è un Padre buono, ricco di bontà e di misericordia verso di noi. Egli è sempre pronto ad ascoltarci.

            Tutta la vita di Padre Pio da Pietrelcina può essere definita una vita di continua preghiera. Da essa attingeva la forza per portare avanti la sua grande missione di aiuto alle anime. Forse pochi come lui hanno sperimentato la potenza straordinaria che la preghiera umile e confidente ha sul Cuore paterno di Dio. Difatti, con la preghiera costante e fiduciosa, soprattutto con la recita continua dei Rosari, riusciva a strappare grazie e miracoli senza numero a favore dei suoi fratelli d’esilio. E voleva che la sua profonda esperienza di preghiera la vivessero anche i suoi figli. Spesso così li incoraggiava: “Non vi perdete mai di coraggio. Ricorrete con più filiale abbandono a Gesù, il quale non potrà resistere a non farvi sentire una gocciola di refrigerio e conforto. Ricorrete a lui sempre…” (Epistolario II, p. 486). Accogliamo l’invito del nostro Santo e diamo alla nostra preghiera quel tono umile, confidente, costante, filiale perché riesca sempre gradita al Padre celeste e ottenga per noi e i nostri fratelli le grazie necessarie soprattutto per la nostra salvezza eterna.

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