DOMENICA  DELLE  PALME

 

            Con la domenica delle Palme, la Liturgia dà inizio alla Settimana Santa, alla commemorazione degli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, che si concluderanno col dramma della sua Passione e Morte. La Chiesa oggi ci invita a partecipare a questi eventi così importanti della nostra Redenzione, non da semplici spettatori, ma con fede e intensa pietà interiore. Seguiamo il Salvatore nella sua via dolorosa verso il Calvario e chiediamo alla Madonna di infonderci, in questi giorni santi, i suoi sentimenti di dolorosa compartecipazione alle sofferenze del Figlio.

La prima parte dell’odierna Liturgia ha una intonazione festosa. Si apre, infatti, con la processione delle Palme che rievoca il solenne ingresso di Gesù in Gerusalemme. Questa scena di entusiasmo popolare, pur semplice e umile in se stessa, in realtà è un segno della regalità divina ed eterna di Gesù che si realizzerà pienamente il Venerdì Santo quando, innalzato sulla croce, con la sua morte riscatterà tutti gli uomini a prezzo del suo Sangue prezioso.

La seconda parte della Liturgia è dominata dal tema della Passione del Salvatore, che viene introdotto già dalla prima lettura. Le parole ispirate di Isaia ne anticipano con precisione impressionante alcuni particolari: “Ho presentato il dorso ai flagellatori, la guancia a coloro che strappavano la barba; non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi” (Is 50,6). Il misterioso Servo del Signore, di cui parla il profeta, è figura di Cristo, Servo obbediente, che accetta di compiere la volontà del Padre fino alla morte. A questo arcano mistero accenna anche san Paolo nella seconda lettura. L’apostolo afferma che l’obbedienza perfetta al piano divino indusse il Figlio di Dio ad abbracciare una vita di abissale annientamento che, iniziato nell’Incarnazione con la scelta della condizione più umile di esistenza umana, trova il suo apice nell’obbedienza al Padre “fino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).

Ma la parte culminante dell’odierna celebrazione è la lettura della Passione di Gesù, che  narra la sequenza dettagliata delle sofferenze del Redentore tradito, flagellato, deriso e crocifisso.  Di fronte a quella morte orrenda, causata dalle nostre ingratitudini e peccati, ci sentiamo sgomenti e  commossi. In ginocchio, davanti alla croce, vogliamo chiedere sinceramente perdono delle sofferenze che abbiamo inflitto al Salvatore con i nostri peccati. Nella flagellazione, nella corona di spine, nei chiodi  che lo hanno confitto sulla croce, dobbiamo saper leggere le nostre colpe di orgoglio, di ribellione, di impurità, di odio, di infedeltà. Tutti abbiamo contribuito, con i nostri tradimenti, a spargere il suo Sangue innocente e a trafiggere quel Cuore palpitante di amore per noi.

Contemplando il Redentore morente sulla croce, non possiamo non ricordare la Vergine Maria presente sul Calvario accanto a Gesù nel momento in cui, generandoci spiritualmente con un parto dolorosissimo, viene proclamata nostra Madre, e partecipando all’immolazione del Figlio con l’offerta di se stessa in unione con la Vittima divina per la redenzione universale, diviene nostra Corredentrice. Con quale amore non dovremmo noi ricambiare l’amore di sì tenera Madre? Il pensiero dei suoi dolori e di quelli del suo Figlio divino, deve suscitare in noi un ardente desiderio di condurre una vita di amore come figli obbedienti e sottomessi. Non basta però pentirsi dei peccati commessi. Dio si aspetta da ognuno una giusta riparazione, ossia un impegno di rinuncia radicale al peccato in tutte le sue manifestazioni; e ancora più il Signore ci chiede una profonda partecipazione alle sofferenze dei Cuori amareggiati e trafitti di Gesù e di Maria, con l’offerta continua di preghiere e di sacrifici per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati di tutta l’umanità.

Vivissima fu la partecipazione di Padre Pio ai dolori della Passione del Redentore. Tutta la sua vita è stata una lunga “Via crucis”, un susseguirsi di prove e di sofferenze nel corpo e nello spirito, che egli accettava generosamente. Per cinquant’anni ha offerto tutto se stesso, senza limiti né riserve, come vittima di olocausto per i peccati di tutto il mondo. “La sofferenza non è un castigo di Dio, - scrive il Santo - sebbene un parto di amore che Gesù stesso soffre in te e per te e con te e ti va associando nella sua passione e tu in qualità di vittima devi per i fratelli quello che ancor manca alla passione di Gesù Cristo” (Epistolario III, p. 202). Quale ricchezza spirituale racchiude in se la sofferenza! Con essa il Salvatore ci concede l’onore più grande: condividere con Lui il mistero della redenzione del mondo. Tutti siamo invitati a farci ostia con Gesù per le anime. Imitiamo l’esempio sublime della Vergine e uniamoci a Lei in questa offerta quotidiana di noi stessi al Padre celeste.

Back

 

Home