SOLENNITA’ DI CRISTO RE
La Chiesa, a chiusura dell’anno liturgico, ci fa celebrare la solennità di Cristo Re, sintesi e vertice di tutti i misteri della salvezza. La festa della regalità universale di Cristo fu introdotta da Pio XI per ricordare al nostro mondo scristianizzato i diritti regali di Gesù, nonché i mirabili benefici della sua regalità su di noi. L’uomo e la creazione stessa, col peccato originale, erano stati assoggettati al potere di satana. Il nostro Salvatore, con la sua morte redentrice, li ha liberati e riconquistati; e ora, come Re supremo dell’universo, Egli esercita su ogni realtà creata il suo dominio incontrastato e assoluto.
La regalità eterna e universale di Cristo è prefigurata, nell’Antico Testamento, dalla regalità del re e profeta Davide. La prima lettura narra l’episodio della sua elezione e consacrazione a re di tutto Israele. In quella occasione egli divenne il capostipite di quella dinastia da cui, secondo la promessa del Signore, dovrà nascere il Messia atteso, il cui Regno non avrà fine.
Ma è soprattutto nel passo stupendo della seconda lettura che viene sviluppato il tema dell’odierna celebrazione. In esso l’apostolo Paolo esalta la regalità di Cristo, come termine ultimo del disegno grandioso di Dio di “riconciliare a se tutte le cose” (Cl 1,20), e ci invita a ringraziare il Padre Celeste che “ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto” (Cl 1,13). In realtà, con l’opera della creazione e della redenzione, Gesù è divenuto Re dell’universo, acquistando quel dominio regale che si estende nei cieli e sulla terra.
La pagina del Vangelo di questa domenica ci aiuta a comprendere la natura misteriosa della regalità di Cristo. Il commovente episodio in essa riportato ci presenta Gesù nel momento più umiliante e doloroso della sua esistenza, mentre muore sospeso sulla croce tra gli insulti sprezzanti della folla e dei soldati che gli gridano: “Se tu sei il re dei giudei, salva te stesso” (Lc 23,37). Apparentemente, la vita di Gesù sembra finita in un grande fallimento. Ma è proprio lì, sul Calvario che, morendo per noi, Gesù è divenuto Re, rivelandoci che la potenza della sua regalità non consiste nella forza ma nell’amore. Il suo è un Regno ineffabile di amore, nel quale ci ha trasferiti dopo averci perdonati, redenti e liberati dalla potestà delle tenebre di satana, con l’offerta della propria vita. Ed è dalla croce che emanano i segni sorprendenti di questa regalità. Difatti, uno dei malfattori, colpito dal comportamento umile e mansueto di Gesù, si rende conto della sua innocenza e percepisce il mistero profondo di quella regalità crocifissa. Illuminato dalla Grazia divina, si rivolge al Salvatore e lo supplica con umile e commossa preghiera: “Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (ivi, 42). E Gesù, fino a quel momento silenzioso, non fa attendere la sua risposta: “In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso” (ivi, 43). Beato il buon ladrone che, con un atto di fede umile e profonda, si è assicurato all’ultimo istante un posto nel Regno dei cieli! E da quel “oggi” pronunziato dal Salvatore, è iniziata la salvezza eterna dei credenti.
Gesù, dall’alto della croce, ci offre la prova più grande della sua regalità: l’esempio silenzioso del suo amore. La conversione del buon ladrone scaturì non da un dialogo di parole, ma dal mirabile comportamento del Maestro divino. E’ con la forza dell’amore che ha stabilito il suo Regno; ed è opponendo l’obbedienza alla ribellione, la mitezza alla violenza, il perdono all’odio che ha sconfitto il mondo e il regno di satana. Sono queste le armi con le quali anche noi cristiani siamo chiamati a costruire il Regno di Dio. Ma prima di stabilirlo negli altri, Gesù vuole che lo costruiamo dentro di noi. Beato, perciò, chi, come il buon ladrone, si lascia penetrare e conquistare da quello sguardo divino! Beato chi, illuminato dall’esempio di Cristo, rientra in se stesso, si converte e dà inizio a una vita nuova di fede e di amore, di rinnegamento e di preghiera! Il Regno di Dio consiste nella presenza stabile di Gesù dentro di noi; una presenza che dobbiamo ardentemente desiderare e attualizzare nel cuore e nella mente, nella volontà e nei pensieri, nei sentimenti e nelle parole, perché tutto il nostro essere appartenga veramente a Cristo nostro Re.
Padre Pio da Pietrelcina ha consumato la sua vita, tra preghiere e sofferenze, nel desiderio struggente di impiantare il Regno di Dio nel cuore di tutti gli uomini. Spesso ne parla tra i suoi scritti; a volte lo fa in forma augurale, come nella seguente lettera: “Gesù (…) trionfi sempre con la sua grazia nel tuo cuore” (Epistolario IV, p. 634). Queste parole contengono quanto di più santo e sublime si possa augurare a un cristiano, ed è quello che Dio stesso desidera. L’ardente augurio del nostro Santo diventi per noi e per tutti gli uomini una dolce e ineffabile realtà. La potente mediazione della Madonna, Regina di tutti cuori, diffonda al più presto e nel mondo intero il Regno del Figlio suo, che è Regno di pace, di amore e di verità.