NATALE DEL SIGNORE
Oggi è il Natale del Signore! In questo giorno santo la Liturgia esultante presenta alla nostra contemplazione il Bambino Gesù, nostro Salvatore, nato in una povera stalla per nostro amore. Invitati dalla Chiesa in festa, andiamo anche noi, come i pastori, alla Grotta di Betlemme per adorare pieni di gioia il neonato Messia, dono di Dio, dono mirabile del suo amore immenso per l’umanità.
Il Natale, mistero ineffabile di salvezza e di speranza per l’uomo, ha portato sulla terra la gioia più grande. Il messaggio che Dio ha inviato agli uomini e che gli angeli hanno rivolto ai pastori nella notte santa è un messaggio di gioia che, irradiatasi dalla Grotta di Betlemme, ha pervaso il mondo intero: “Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un Salvatore, che è il Cristo Signore” (Lc 2, 10-11). In queste parole dell’Angelo troviamo il senso del Natale del Signore, il motivo di tanta gioia: Gesù nasce per essere il Salvatore nostro, nasce per riversare sulla misera condizione dell’umanità, oscurata dal peccato, la pienezza della sua divinità. Grazie al Natale del Signore, l’uomo non è più solo, perché Gesù si è fatto l’Emanuele, il Dio con noi.
Il Natale è un mistero profondo che supera ogni umana comprensione. Colpisce profondamente il fatto che un Dio sommamente felice in se stesso, infinito in tutte le sue perfezioni divine, che non ha bisogno alcuno delle sue creature, né esse possono aggiungere nulla alla sua felicità, viene sulla terra per abitare tra noi, annientando se stesso per farci come Lui. Quale abisso di umiltà! Dio non poteva darci un segno più grande del suo amore, come scrive san Giovanni apostolo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unico Figlio” (Gv 3,16). E si può dire che, donandoci il suo Figlio Unigenito, ci ha dato tutto quanto avesse di più caro e prezioso.
Ma ciò che maggiormente ci sorprende e ci riempie di stupore è che Dio non solo si è abbassato per amore nostro fino a rivestirsi della nostra carne mortale per salvarci, ma viene tra noi nella figura di un bambino, vulnerabile, debole, disarmato; viene nella povertà più estrema, nello squallore di una grotta e il freddo di una mangiatoia, nel silenzio, sconosciuto dalla maggior parte degli uomini; viene celando la sua gloria divina sotto le sembianze e i vagiti di un neonato. Quale profondo mistero di umiliazione e di nascondimento! Questo è il mistero d’amore che ci annuncia oggi il Natale.
La nascita di Gesù, è vero, ci riempie di gioia sapendo che ora abbiamo un Salvatore nel quale possiamo porre ogni speranza e che si prende cura di noi, ma, allo stesso tempo, è un evento che ci fa riflettere profondamente e dinanzi al quale non possiamo rimanere indifferenti. Contemplando quelle circostanze di estrema povertà della sua nascita, quella follia di amore del Figlio di Dio che, spogliandosi della sua gloria, annienta se stesso, prende un corpo come il nostro, soggetto alla debolezza, alla sofferenza, alla morte; contemplando questi segni di annientamento con cui il Figlio di Dio si è presentato a noi, rimaniamo stupiti e senza parole. Quanti insegnamenti ci vengono da quella grotta e da quella mangiatoia! Poteva il Figlio di Dio darci segni di umiltà, di povertà, di amore più grande? Questi esempi mirabili di Gesù parlano al nostro cuore e ci invitano a imitarlo, camminando sulla stessa strada da Lui percorsa, l’unica possibile per incontrarci con Dio e raggiungere l’eterna salvezza.
Padre Pio da Pietrelcina viveva in modo tutto particolare il mistero della nascita del Salvatore. Ogni anno, nel periodo di Natale, il suo cuore si accendeva di incontenibile amore verso il Bambino Gesù e ardeva dal desiderio di condurre tutto il mondo alla Grotta di Betlemme. “L’anima sente tutta disfarsi – scrive con vibranti accenti il Santo cappuccino - alla presenza di questo nostro Dio per noi fatto carne. Come fare a resistere a non amarlo sempre con nuovo ardore? Oh appressiamoci al Bambino Gesù con cuore immacolato di colpa, che ne gusteremo quanto sia dolce e soave l’amarlo” (Epistolario II, p. 273). Seguiamo l’invito del nostro Santo. Rechiamoci con gli umili pastori a Betlemme; rivolgiamoci alla Vergine Madre di Dio e chiediamole la grazia di celebrare il Natale con un cuore simile al suo: “ immacolato di colpa”, umile, povero, distaccato dalle cose di questo mondo. E’ questo, infatti, il modo migliore per comprendere profondamente il significato del Natale, per accogliere degnamente il Salvatore nel nostro cuore e gustare tutta la dolcezza e la gioia della sua divina presenza.