XX  DOMENICA  DEL  TEMPO  ORDINARIO

 

            La Liturgia del giorno, attraverso le letture bibliche, offre alla nostra considerazione il progetto meraviglioso di salvezza preparato da Dio per l’uomo; in esso al popolo ebreo viene riservato un posto privilegiato: sarà il popolo eletto, il primo popolo a conoscere il vero Dio. Ma il progetto di Dio prevede anche che, attraverso Israele, la salvezza verrà estesa a tutti i popoli. Il Signore è Dio non unicamente dei giudei, ma di tutti gli uomini, anche dei pagani.

            L’universalità della salvezza fu rivelato da Dio a poco a poco, a cominciare dai profeti dell’Antico Testamento. Nel passo di Isaia, riportato oggi dalla prima lettura, si parla, infatti, dell’entrata degli stranieri alla vera fede: il Signore preannuncia che, in futuro, il tempio di Gerusalemme sarà la casa di preghiera per tutti i popoli. Anche gli stranieri potranno entrarvi a pregare, a offrire sacrifici e a rendere culto al Signore. Anch’essi crederanno e adoreranno il vero Dio. “Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo (…), li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera” (Is 56,6-7).

            Nel Vangelo di oggi Gesù riconferma l’ordine misterioso del piano divino: le porte della salvezza non verranno subito aperte ai pagani; Egli, infatti, ha ricevuto dal Padre la missione di annunciare la salvezza anzitutto al popolo ebreo. “Non sono stato inviato – afferma Gesù - che alle pecore perdute della casa di Israele” (Mt 15,24). Soltanto prima di salire al cielo, il Salvatore darà il mandato ai suoi discepoli di andare in tutto il mondo e di annunziare la buona Novella a tutti i popoli. Non mancano, però, le eccezioni a questo piano divino. Leggiamo nel Vangelo che il Gesù guarì il servo del centurione di Cafarnao e il lebbroso samaritano, in virtù della loro grande fede, anticipando in tal modo il tempo di salvezza stabilito da Dio per i pagani.

            Oggi la pagina del Vangelo ci narra un altro di questi episodi: la guarigione della figlia di una donna di Canaan. Questa madre pagana, animata da una grande fiducia di ottenere il miracolo, si avvicina a Gesù e lo supplica, invocando pietà e aiuto per la figlia “crudelmente tormentata da un demonio” (Mt 15, 22). Ma il Salvatore non risponde; la donna, però, continua a supplicarlo, e lo fa con tanta insistenza da suscitare perfino l’irritazione degli Apostoli. Infine il Maestro le dice che il pane è per i figli, non per i cagnolini, ossia che Egli deve occuparsi a portare la salvezza non ai pagani, ma a Israele. La donna accetta l’umiliante realtà, ma risponde con mirabile prontezza: “E’ vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni” (ivi, 27). Gesù non resiste a questa dialettica della fede e concede il miracolo, esclamando con meraviglia: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri” (ivi, 28). Questo miracolo straordinario concesso alla donna come un’eccezione, stabilisce un nuovo principio nella storia della salvezza: ciò che salva l’uomo non è l’appartenenza fisica alla stirpe di Abramo, ma la capacità di credere in Gesù come Messia e Figlio di Dio.

            Nella donna Cananea, la Chiesa ha sempre visto un modello concreto di preghiera. L’ardente supplica che la donna rivolge al Signore riunisce in se tutti i requisiti di una preghiera fatta bene. Le disposizioni necessarie perché la preghiera abbia valore e sia gradita al Signore sono anzitutto: una fede viva come quella dei tanti ammalati e della donna pagana del Vangelo che accorrevano a Gesù e lo supplicavano con la certezza di essere esauditi; una umiltà profonda capace di saper riconoscere la propria miseria e indigenza; una fiducia illimitata nella onnipotenza di Dio che trova la sua gioia nell’esaudire le nostre suppliche; una paziente perseveranza nel saper attendere, se qualche volta il Signore sembra non dar retta o tarda a concederci quanto chiediamo.

            Esaminando la vita di Padre Pio, ci si accorge che la preghiera è stata la sua attività più intensa. Egli avvertiva in maniera forte la necessità di pregare sempre e ovunque; e in questo modo otteneva fiumi di grazie per i tanti bisogni della Chiesa e dell’umanità. L’insegnamento del nostro Santo riguardo alla preghiera, ricalca quello del Vangelo e dei Santi: perché sia fatta bene, deve essere “umile e confidente”; e dobbiamo rivolgerci al Signore “pieni di fede e con filiale abbandono (…) (Epistolario IV, p. 144). Sono queste le disposizioni che devono caratterizzare anche il nostro modo di pregare. Chiediamoci oggi: com’è la nostra preghiera? Imitiamo l’esempio della donna pagana del Vangelo e del Serafino del Gargano, perché le nostre preghiere siano sempre gradite al Signore e portino frutti abbondanti di grazie per noi e per tutta l’umanità.

Back

 

Home