QUINTA DOMENICA DI PASQUA
Le pagine del Vangelo di queste ultime domeniche di Pasqua contengono preziosi insegnamenti tratti dal “discorso di addio” tenuto da Gesù durante l’Ultima Cena. Il Vangelo della Messa di oggi ci propone, come primo tema di meditazione, queste accorate parole del Maestro rivolte ai suoi discepoli: “Non sia turbato il vostro cuore” (Gv 14,1). Il Salvatore aveva dichiarato che stava per lasciare questo mondo per ritornare al Padre. Dinanzi a questo preannuncio, i discepoli piombano in uno stato tale di turbamento da mettere in dubbio la loro fede nel Maestro. Gesù cerca di infondere coraggio ai suoi amici, raccomandando loro di aprire il loro cuore a una fiducia piena e illimitata nel Padre e in Lui: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me” (ivi). La sua morte imminente non deve renderli tristi: Egli lascia questo mondo per “andare” nella casa del Padre a preparare loro un posto: “Vado a prepararvi un posto” (ivi, 2); presto farà ritorno presso di loro nella nuova condizione di Risorto e resterà sempre con loro, fino a quando non li porterà con sé a celebrare la Pasqua eterna nei cieli.
Un altro tema di approfondimento che il Vangelo di oggi ci propone è la grande affermazione di Gesù: “Io sono la via, la verità e la vita” (ivi, 6). Queste parole sono di una novità assoluta e costituiscono una delle verità più fondamentali di tutta la Teologia. Cristo, nel dichiarare di essere la “la verità”, afferma di essere Dio, termine ultimo di ogni verità. Egli, rivelandosi all’uomo, gli ha fatto conoscere il mistero del Padre, di cui è l’immagine visibile e perfetta. “Chi ha visto me, ha visito il Padre” (Gv 14,9), risponde Gesù a Filippo che gli chiedeva di voler conoscere il Padre. Cristo, inoltre, afferma di essere “la vita”, non tanto perché la “possiede” e di essa, con il Padre, ne è la sorgente, ma perché è capace di comunicarla agli uomini in tutta la sua pienezza divina. Per questo, Gesù può definirsi anche la “via”, l’unica per giungere a Dio e, quindi, alla verità e alla vita. Non vi sono altre strade. Chiunque vuole accedere al Padre e al suo Regno deve passare attraverso di Lui: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (ivi, 6).
La richiesta di Tommaso e Filippo fatta a Gesù di voler conoscere il Padre e la via che a Lui conduce, manifesta l’insufficienza di fede dei due apostoli. Essi sembrano cercare, al di fuori di Cristo, altre certezze per superare i loro turbamenti. E in questo rappresentano la vana pretesa di tanti uomini, anche dei nostri tempi, di voler cercare Dio attraverso sentieri ingannevoli e fugaci. Ma le vie degli uomini spesso sono strade senza uscita che, non di rado, portano alla rovina. Anche gli spiriti più illuminati non sono riusciti a condurre l’uomo alla meta desiderata. E’ stato necessario che Dio entrasse nel tempo e si facesse uomo, perché l’uomo potesse finalmente vedere il volto di Dio. Quale grazia immensa ci ha concesso il Signore venendo in mezzo a noi e facendosi nostra “Via” per condurci alla certezza della verità e alla vita beata del Cielo! Il cammino da percorrere ora ci è chiaro. Non ci resta che metterci al seguito di Cristo. Quale stoltezza sarebbe, invece, per un cristiano se, dopo aver conosciuto la via che porta al Signore, decidesse di percorrere altri sentieri!
Noi siamo chiamati a salire al Padre attraverso l’unica via che è Gesù nostro Salvatore. Tutta la spiritualità cristiana consiste nel seguire il nostro Redentore e percorrere le strade dell’umiltà, dell’obbedienza, del rinnegamento che Lui ha percorso. Nella stupenda catechesi di questa domenica di Pasqua, la Chiesa ci ricorda che a compiere questo cammino, a volte arduo e difficile, non siamo soli, ma siamo in compagnia del nostro Maestro. Perciò la nostra Madre Chiesa ci esorta a non essere mai turbati o scoraggiati, bensì a metterci sui passi del Signore con fiducia illimitata, sicuri che la sua viva e divina presenza non ci abbandona mai.
Padre Pio, “nel considerare le grandi battaglie superate col divino aiuto sopra del demonio” (Epistolario I, p. 317), candidamente riconosce che tutto il bene compiuto nella sua vita è stato“tutto opera del suo amore infinito” (ivi), e che “chi sa quante volte, se lui (Gesù) non mi avesse stesa la mano, la mia fede avrebbe vacillato, la mia speranza e la mia carità venuta meno” (ivi). Pienamente consapevole di questa verità, il Santo cappuccino ci esorta oggi a non diffidare, a non disperare, ma ad avere una fiducia illimitata nel Signore: “se anche vedessi l’inferno aperto dinanzi a me, mi trovassi sull’orlo dell’abisso, non diffiderei, non dispererei, confiderei in lui” (Epistolario I, p. 317). Chiediamo al nostro Santo di aiutarci a rendere salda la nostra fede, a credere profondamente in Gesù, e a seguirlo fedelmente, per diventare nel mondo di oggi, come c’insegna san Pietro nel brano della seconda lettura, “pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale” (Pt 2,5).