QUARTA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
Dopo la chiamata dei primi discepoli, Gesù inizia a percorrere le strade della Palestina, annunciando il Regno di Dio. Nella sua predicazione, il giovane Maestro di Nazaret apre lo scrigno degli insondabili misteri racchiusi nel suo Cuore divino, per cui presto la sua fama si diffonde ovunque. Grandi folle accorrono da ogni parte per ascoltare le sue mirabili parole di sapienza divina che sole saziano il cuore dell’uomo affamato di Dio. Mai nessuno aveva parlato come Lui.
Il Vangelo di oggi ci presenta Gesù in una di queste scene abituali, circondato da una immensa folla venuta ad ascoltarlo. In questa circostanza, Egli coglie l’occasione per fare il suo discorso inaugurale o programmatico, come si direbbe oggi, nel quale tratteggia, in una sintesi mirabile, l’essenza della sua dottrina e del Vangelo. E’ il discorso delle Beatitudini del Regno, su cui è incentrato il tema della Liturgia di questa domenica: “Beati i poveri di spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati gli afflitti, perché saranno consolati. Beati i miti, perché erediteranno la terra…” (Mt 5,1-5).
Non è difficile immaginare l’impressione che queste parole dovettero provocare in chi lo ascoltava. Dall’alto del monte dov’era salito per predicare, Gesù, novello Mosè, promulga una nuova Legge che ha portato sulla terra uno spirito nuovo, una nuova mentalità, capovolgendo radicalmente il criterio di apprezzamento dei valori dell’uomo. Nelle “Beatitudini”, infatti, Gesù esalta la povertà, la purezza, l’umiltà, la mitezza, la sofferenza, le persecuzioni, valori che il mondo, invece, disprezza e considera sventura. Secondo il Maestro divino i veri “beati”, ormai, non sono più quelli che vivono nella prosperità materiale, che hanno successo e gloria nella vita terrena, ma i poveri di spirito, gli umili, i puri di cuore, i perseguitati, quelli che soffrono a causa del Vangelo.
Proclamando “beati” quelli che il mondo considera gente di poco o nessun conto, Gesù parla il linguaggio che Dio aveva già usato col suo popolo attraverso i profeti, uno dei quali è Sofonia, riportato oggi nella prima lettura. Il profeta annuncia che Dio disperderà i superbi, i ricchi, se non si convertiranno, e salverà i poveri e gli umili che formeranno il popolo nuovo d’Israele; essi “non commetteranno più iniquità e non proferiranno menzogna” (Sf 3,13). Lo stesso concetto viene ribadito anche da san Paolo nel brano della seconda lettura del giorno. Agli abitanti di Corinzio, tentati di abbandonarsi alla presunzione e alla superbia, l’apostolo insegna loro la logica nuova di Dio: non a coloro che si ritengono sapienti e intelligenti viene promesso il Regno dei cieli, ma ai piccoli, agli umili, ai semplici, ai poveri, ossia a coloro che ripongono in Dio la speranza, la fiducia, l’aiuto in ogni cosa. (cfr 1Cor 1,27-29).
Le parole che Gesù ha pronunciato sul monte delle beatitudini sono tra le più sublimi del Vangelo. Tuttavia rischierebbero di rimanere un traguardo impossibile da raggiungere, se Egli non le avesse vissute personalmente e non ce ne avesse in tal modo lasciato l’esempio. Gesù, dunque, è il modello di vita cristiana da guardare e da imitare. A questo importante dovere ci richiama Padre Pio da Pietrelcina. Nella sua lunga esperienza di mistico e di santo, non esita ad affermare che la fedele imitazione di Gesù, secondo lo spirito delle beatitudini, è l’unica strada che conduce al porto della salvezza e alla conquista della vera felicità: “Il prototipo, - scrive il nostro Santo - l’esemplare su cui bisogna rispecchiarci e modellare la vita nostra si è Gesù Cristo (…). Solo per questa strada si perviene a salvezza” (Epistolario III, p. 243). “Felici noi – esclama ancora Padre Pio – che contro ogni nostro merito, già siamo stati fatti degni di seguire il celeste Maestro” (ivi, p. 536).
L’uomo è fatto per la felicità. Molto spesso però, per raggiungerla, sperimenta strade diverse da quelle tracciate dal nostro divin Maestro. E l’esperienza insegna che coloro che non seguono le vie del Signore, non trovano felicità duratura, ma raccolgono soltanto frutti amari di solitudine e di tristezza, di vuoto interiore e di insoddisfazione. Quale conforto, invece, ci infondono le parole di Gesù che leggiamo oggi al termine del Vangelo: “Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli! (Mt 5,12). Quanto coraggio esse donano soprattutto a coloro che sentono più pesante il peso della croce, ai poveri e abbandonati, a coloro che piangono e sono perseguitati a causa della giustizia!
Chiediamo a san Pio da Pietrelcina la grazia di incamminarci sulla strada delle beatitudini, modellando la nostra vita su quella di Gesù perché, imitandolo fedelmente, si operi in noi quel cambiamento radicale di vita che ci introduce al possesso della salvezza e della felicità piena dei beati.