TERZA DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
“Il Signore è mia luce e mia salvezza” : ecco in sintesi il tema proposto dalla Liturgia di questa terza domenica del Tempo ordinario. Con queste parole del salmo responsoriale, noi confessiamo che Dio è la luce e la salvezza della nostra vita. Spesso nella Sacra Scrittura il Signore viene raffigurato da questi simboli espressivi, anzi appare come la sorgente stessa della luce, della vita e della salvezza.
Il brano del Vangelo che leggiamo nella Messa di oggi riporta una profezia di Isaia di contenuto messianico: il profeta vede giungere dai territori di Zabulon e di Neftali, corrispondenti all’attuale Galilea, devastati e occupati dal re degli Assiri, un discendente della stirpe regale di Davide che spezzerà il giogo degli oppressori e libererà il popolo dalla schiavitù. La venuta del liberatore sarà come una grande luce che porterà al popolo gioia e salvezza: “Il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 8,9).
San Matteo, autore della pagina odierna del Vangelo, ebbe la gioia di vedere con i suoi occhi il compimento della profezia di Isaia, e non esitò a identificare Gesù in quella grande luce sorta in Galilea e che presto si diffonderà nel mondo intero, illuminando con il suo fulgore i popoli immersi nelle tenebre del peccato e dell’errore. L’apostolo in tal modo intende affermare che Gesù è il vero Messia, l’Inviato di Dio, nel quale si sono compiute tutte le profezie dell’Antico Testamento. Come sole appena sorto, Gesù invade il mondo con lo splendore della sua divinità. I primi a essere inondati da questa luce soprannaturale di grazia e di amore sono alcuni semplici pescatori della Galilea: i due fratelli Simone e Andrea, e i due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni. All’invito di Gesù “Seguitemi, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19), il Vangelo mette in evidenza la prontezza della loro risposta: “Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono” (ivi, 22). Quale grande generosità ammiriamo in questi primi apostoli del Signore! Anche se non avevano compreso fino in fondo le esigenze della chiamata divina, non esitano a lasciare tutto, famiglia e lavoro, e a seguire il giovane Maestro di Nazaret: si sono fidati di Gesù e hanno aderito perfettamente al suo invito, senza indugi.
Gesù è la luce e la salvezza del mondo. Lungo i secoli, dopo gli apostoli, molti altri hanno subìto il fascino della sua luce divina, hanno creduto in Lui come il Messia promesso, l’hanno ascoltato e seguito. Il Maestro di Nazaret oggi invita anche noi a seguirlo. Egli si attende da noi una risposta pronta e generosa, come quella degli Apostoli, perchè vuole, al più presto, prendere in noi il posto delle cose e delle persone. Quanta gioia reca al nostro cuore il pensiero del sommo onore che Gesù ci concede degnandosi di entrare nella nostra vita e invitandoci a seguirlo! Ma la sua chiamata esige anche un modo nuovo di vivere. Proprio a questo radicale cambiamento ci invitano oggi le prime parole da Lui pronunciate, all’inizio della sua predicazione: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino” (ivi, 17). Di fronte al suo annuncio, non si può restare indifferenti. Il Regno di Dio che Egli proclama, reso ormai presente nella sua Persona, è una novità che deve essere accolta in noi, perché possa germinare e crescere; e per accoglierla, è necessario lasciare ogni altra cosa, distaccarsi, almeno col cuore, dalle vanità di questo mondo, incamminarsi sui passi del Maestro, accettando le sue scelte e i suoi criteri, i suoi atteggiamenti e il suo modo di pensare. La conversione profonda del cuore e della mente sono condizioni indispensabili per far parte del Regno di Dio. Solo dove vi sono uomini trasformati dalla grazia divina, si stabilisce il Regno di Dio.
Gesù, invitando gli apostoli a seguirlo, affida loro una grande missione: “Vi farò pescatori di uomini” (ivi, 19). Il Signore vuole che la luce del Vangelo si diffonda fino agli estremi confini della terra. Tutti siamo chiamati a cooperare a questa sublime missione redentiva, ma solo i Santi vi cooperano generosamente; tra essi emerge san Pio da Pietrelcina che ha trovato nella sofferenza il mezzo più efficace per redimere le anime dal peccato; egli la definisce “un parto di amore” (Epistolario III, p. 202), perchè ci rende simili a Gesù, ci associa alla sua Passione e ci rende vittime per i peccatori. Seguiamo l’esempio sublime del nostro Santo e partecipiamo con generosità al “grande negozio dell’umana salvezza” (Epistolario I, p. 304). Ricorriamo alla nostra Corredentrice e chiediamole fortezza per vivere generosamente la nostra “vocazione a corredimere i fratelli” (Epistolario III, p. 206).