TERZA  DOMENICA  DI  AVVENTO

 

            Il Natale del Signore è ormai vicino e la sua luce comincia ad avvolgerci del suo splendore. Già da questa terza domenica di Avvento, la Liturgia ci invita a prepararci con rinnovata esultanza a questo mirabile evento. Il ricordo della venuta di Gesù, Figlio di Dio e Salvatore nostro ci fa rivivere ogni anno quella profonda gioia  che tocca l’intimo del nostro essere per il dono immenso che ha portato all’umanità: la liberazione dal peccato e la salvezza eterna.

            Già nell’Antico Testamento, frequenti erano gli interventi di Dio, intenti a liberare e a salvare il popolo d’Israele. Oggi, il testo della prima lettura riporta proprio uno di questi significativi avvenimenti. Davanti al quadro desolante di Gerusalemme devastata dai nemici, il profeta Isaia esorta Israele a confidare e a sperare nel Signore. Egli verrà e farà tornare i suoi figli dalle terre d’esilio: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, (…). Egli viene a salvarvi” (Is 35,4). Le bellissime immagini usate dal profeta sembrano permeare di giubilo tutto il creato: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa” (ivi, 1); ma è soprattutto l’uomo a esultare per le grandi opere compiute dal Signore: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto” (ivi, 5-6). Queste parole di Isaia alludono chiaramente a quei segni straordinari che caratterizzeranno il tempo messianico e che si avverarono pienamente in Gesù, Messia e Salvatore, venuto a guarire, a salvare e a guidare l’umanità smarrita nel suo ritorno a Dio.

Il Vangelo di oggi ci ripresenta la figura di san Giovanni. Dalla prigione dove Erode lo ha fatto rinchiudere, egli segue le attività di Gesù. I discepoli del Battista osservano che il comportamento del Salvatore è diverso da quello annunciato dal loro maestro. Questi lo aveva indicato come il Messia presente nel mondo, come l’Agnello di Dio venuto a togliere i peccati dell’uomo. Nella sua predicazione, lo aveva presentato con la scure in mano, pronto a distruggere i malvagi e a spazzar via i nemici. Gesù, al contrario, afferma di esser venuto sulla terra a convertire i peccatori, a riversare sull’uomo i torrenti dell’amore divino, ad instaurare il tempo del perdono di Dio e della sua misericordia. I discepoli del Battista sono perplessi e hanno bisogno di essere illuminati, per questo il Precursore li manda a interrogare il Signore: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” (Mt 11,3). Il Salvatore si limita a rispondere, citando il passo di Isaia come prova della sua messianicità: “Andate a riferire a Giovanni ciò che voi udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (ivi, 4-5).

I grandi prodigi compiuti da Gesù sono segni inequivocabili perché il mondo creda che Egli è il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore dell’umanità. Chi sa rettamente interpretare le sue opere, non può aver dubbi, né trova in Lui motivo di scandalo. Eppure, dopo tanti secoli di cristianesimo, dobbiamo constatare con rammarico che la stragrande maggioranza degli uomini non conosce o non accetta Gesù, ed è ancora alla ricerca di messia e di redentori. Noi, al contrario, crediamo fermamente che Gesù è Colui che doveva venire, Colui che è venuto e che verrà alla fine dei tempi. Crediamo che è presente nei nostri cuori e continua a venire in noi, attraverso i Sacramenti e la preghiera. La sua ineffabile presenza costituisce la nostra gioia più grande, il nostro amore, la nostra speranza e la nostra forza.

I Santi, più di ogni altro, fanno quotidiana esperienza della gioia incontenibile che la divina presenza di Gesù porta alle anime. Nelle lettere indirizzate ai suoi figli spirituali, Padre Pio fa spesso riferimento alla felicità, all’infinita allegrezza che l’anima gusta stando a contatto con Gesù. Ed è impossibile non provarla - afferma il Santo – dal momento che Gesù “forma la delizia degli angioli e l’oggetto unico delle compiacenze del Padre celeste” (Epistolario III, p. 98). Esaminiamoci alla luce delle parole del Santo del Gargano: è Gesù anche per noi la gioia vera della nostra vita? Mettiamo in Lui tutte la nostra speranza? E’ Lui il centro dei nostri desideri e delle nostre attese? O siamo forse, come tanti altri, alla ricerca di qualcos’altro che riempia il vuoto della nostra anima? Ripetiamo spesso con la Chiesa in questo periodo di Avvento: “Vieni, Signore Gesù”. Chiediamo alla Madre di Dio di far nascere suo Figlio Gesù in noi e nel cuore di tanti uomini lontani da Dio o  incapaci di svincolarsi dal peccato, dalla mediocrità, dalle vanità terrene, affinché la presenza del Salvatore inondi il mondo intero della sua gioia divina.

 

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