Oggi, nel cuore dell’estate e delle vacanze, la Liturgia ci invita a sollevare lo sguardo verso la Madre di Dio e a contemplarla nel fulgore della sua Assunzione al cielo. In questo ultimo mistero della sua vita terrena, la Chiesa ci ricorda il privilegio unico che Dio le ha concesso di entrare nella Patria celeste, subito dopo la morte, non solo con la sua anima beata, ma anche col suo corpo castissimo, senza attendere, come per il resto dei credenti, la glorificazione dei corpi, alla fine dei tempi. Ringraziamo, dunque, il Signore per la gloria immensa con cui ha esaltata la Vergine Maria e per averci mostrato in Lei, già realizzato, il compimento della nostra salvezza e il traguardo definitivo a cui tutti siamo chiamati.
La prima lettura, molto appropriata all’odierna festività, si apre con il quadro stupendo di un segno grandioso apparso nel cielo: “una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle” (Ap 11,19). Nella scena descritta dall’apostolo Giovanni, la “donna vestita di sole”, in lotta contro “un enorme drago rosso” (ivi, 3), secondo l’antica tradizione della Chiesa, è la stessa che, all’inizio dei tempi, Dio preannunciò Immacolata e Madre del Redentore, e sarà quella che muoverà guerra perenne a Satana, riportandone sempre vittoria: “Io porrò inimicizia tra te e la donna (…). Ella ti schiaccerà il capo” (Gen 3,15).
La solennità di oggi ci colma di fiducia e di consolazione. Maria assunta, segno grandioso elevato nel cielo, resta per tutto il genere umano un motivo di grande speranza. La salvezza realizzata in Maria è un dono che Dio offre a tutti. Ella che ci ha preceduti e ci indica già il termine del nostro viaggio, ci incoraggia a proseguire il cammino e c’insegna che è possibile arrivare, se saremo fedeli. La Vergine Santa, però, non solo ci indica e ci invita a raggiungere la meta, bensì si preoccupa, con la sua sollecitudine materna, di prepararci alla vita eterna. Il suo desiderio più grande è quello di portare tutti gli uomini a salvezza.
Padre Pio da Pietrelcina nutriva una profonda devozione per il mistero della Beata Vergine assunta in cielo, e lo riteneva uno di quegli eventi che “meritano di essere grandemente commemorati” (Epistolario IV, p. 1123). Il motivo di ciò è che questa verità di fede ci porta a “considerare la potenza e la gloria di Maria” (ivi). Per questo “non possiamo fare a meno – esclama il Santo – di esultare di gioia in questo giorno sacro alla memoria del suo maggior trionfo” (ivi). Il pensiero di avere una Madre in cielo così potente e premurosa nei nostri riguardi deve far crescere in noi “la fiducia verso di lei” (ivi).
La Madonna, nel mistero della sua Assunzione, non è solo per i credenti segno e anticipazione delle realtà da venire, ma è anche modello di vita del cristiano. Anzi, nessun modello più sublime di Lei può essere presentato dalla Chiesa al mondo di oggi, distratto e dimentico dei valori eterni, poiché nessuna creatura umana ha cooperato così pienamente e attivamente come Lei all’opera dell’Incarnazione e della Redenzione.
Il Vangelo di oggi ci fa scoprire la ragione ultima dell’anticipata vittoria della Vergine Maria sulla morte: la sua obbedienza di fede senza limiti. Con essa ha spezzato la catena del peccato, e con essa, insieme al suo Figlio Gesù, ha potuto sconfiggere anche quella della morte. Nell’episodio del Vangelo, santa Elisabetta esalta appunto la grandezza della fede di Maria, proclamando con accento ispirato: “E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1,45). In tal modo, l’anziana parente riconosce che Maria è stata prescelta per l’eccelsa missione di Madre di Dio, perché ha saputo credere nelle parole del Signore. Questo atteggiamento, Maria lo conserverà immutabile per tutta la sua vita. Il Fiat pronunciato all’Incarnazione del Verbo di Dio, con cui si conformò pienamente alla divina Volontà, lo ripeterà sempre, permettendo al Signore di fare di Lei ciò che ha voluto. E Dio, dopo averla associata al Figlio Redentore nell’opera della salvezza, l’ha innalzata alle altezze più sublimi della santità e della gloria.
In Vergine Maria umile, docile e obbediente, sempre pronta ad aderire senza esitazioni alla volontà di Dio, noi cristiani troviamo il modello più sublime della nostra vita cristiana. Per questa strada Ella è diventata la Madre di Dio ed è stata assunta in anima e corpo al cielo; per questa stessa strada dobbiamo incamminarci anche noi. Teniamo sempre fisso il nostro sguardo su Lei e preghiamola di non farci mai smarrire la strada che conduce a Gesù e di aiutarci a vivere in questo mondo sempre rivolti ai beni eterni, per condividere un giorno la sua gloria eterna nel cielo.
Voglio condividere con voi queste pagine bellissime di Robert Hug Benson, scrittore e sacerdote inglese, già figlio dell'Arcivescovo Anglicano di Canterbury, poi convertitosi al cattolicesimo e diventato sacerdote. Sono tratte dal suo libro, di carattere apocalittico, però attualissimo, dal titolo: "Il Dominatore del Mondo". Il “Benedetto XVI” di cui parla è un Papa che l’autore immagina governi una Chiesa duramente provata tra la fine del XX secolo e gli inizi del XXI. In un contesto che è più di disperazione, che di speranza, si staglia la Messa Papale, partecipata da tutti gli ex potenti della Terra, che offre una visione di Paradiso in terra e una nuova luce di fede. Il romanzo di Benson da cui prendo questa citazione (e da cui ne prenderò un’altra appena avrò tempo), pur essendo per tanti versi inquietante per noi (oserei dire: troppo profetico), è veramente da leggere.
Ma la scena si fece più commovente durante la Messa, quando i Sovrani, discesi per il servizio del culto, si aggiravano fra il trono e l'altare, imponenti figure, a testa nuda, silenti e rispettose. Il Re d'Inghilterra, ridivenuto Fidei Defensor , faceva da caudatario in luogo del vecchio Re di Spagna, l'unico che, con l'Imperatore di Austria, avesse mantenuta ininterrotta la continuità della fede. Il vecchio Re, chino al suo faldistorio, tremava e gemeva aprendo le labbra a fervente preghiera, come Simeone allorché vide nel tempio il Salvatore d'Israele. L'Imperatore d'Austria serviva il Lavabo; l'Imperatore di Germania, che dieci anni prima aveva perduto il trono e quasi la vita a causa della sua conversione, per nuovo privilegio poneva e levava il cuscino, quando il suo Signore si inginocchiava davanti a Colui che era il vero Signor di ambedue. Così, atto per atto, si svolgeva il magnifico dramma. Al mormorio delle voci seguì un silenzio di muta preghiera, quando il tenue Disco Bianco fu elevato tra le bianche mani, ed echeggiava una musica divina sotto la cupola.. Perché la devota moltitudine vedeva l'unica sua speranza in quel Disco, così piccolo e così potente, come già Cristo bambino entro la mangiatoia. Non v'era più nessuno che combattesse per loro se non Iddio. Se dunque il sangue degli uomini ed i pianti delle donne non erano bastati a scuotere dal silenzio Colui che tutto vede e tutto giudica, certo la morte del Figlio suo, che già sul Calvario aveva oscurato i cieli e fatta tremare la terra, rinnovandosi ora incruenta, con sì patetica magnificenza sopra quest'isola deserta della fede cristiana, tra i marosi dello scherno e dell'odio, questa almeno avrebbe apportato il suo frutto.
Tratto da: Robert H. Benson, Il Dominatore del mondo, c. III.